Scorie - La creazione di titoli "sicuri" come via al socialismo




Da qualche tempo è in corso un dibattito, per lo più a livello tecnico/accademico, sulla carenza o meno di attività a basso rischio, definite come sicure.

Chi propende per una risposta affermativa fa notare che i tassi di interesse su tali attività sono particolarmente bassi (talvolta negativi), il che segnalerebbe una carenza di offerta di tali asset.

Willem Buiter e Ebrahim Rahbari di Citi Research hanno scritto un report dedicato al tema, nel quale osservano, tra l'altro, che gli acquisti operati dalle banche centrali nell'ambito dei rispettivi programmi di quantitative easing hanno contribuito a generare un ribasso dei tassi di interesse su diversi tipi di asset. Il che, peraltro, era un obiettivo dei programmi stessi.

Osservano anche che a fronte dell'assorbimento di titoli "sicuri", le banche centrali hanno immesso altrettante passività sicure, ossia la base monetaria creata per far fronte agli acquisti di titoli. Passività alle quali, però, accedono solo le banche e non tutti i potenziali operatori interessati a detenere asset "sicuri".

Per di più, parte della domanda di quel tipo di titoli, soprattutto derivante dalle banche, è dovuto a obblighi regolamentari.

Che fare dunque? Buiter e Rahbari avanzano proposte tecnicamente possibili, ma che non farebbero altro che incrementare le distorsioni dovute all'interventismo monetario e fiscale.

Per esempio, propongono che le banche centrali emettano obbligazioni e non solo base monetaria, per dare accesso alle loro passività a operatori non bancari. Oppure la strutturazione di cartolarizzazioni per creare, tramite il tranching, titoli "sicuri".

Ma la peggiore di tutte è questa, a mio parere:

"Gli uffici del Tesoro che gestiscono il debito pubblico dovrebbero diventare intermediari finanziari – gestori di portafoglio o fondi sovrani. Gli eventuali acquisti di titoli illiquidi e rischiosi sarebbero finanziati mediante l'emissione di debito pubblico."

Così facendo aumenterebbe l'offerta di titoli "sicuri", riducendo la presunta carenza di offerta degli stessi.

Il problema, come sempre, è che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell'inferno. Ammesso che di buone intenzioni poi si tratti, il che sarebbe discutibile dal mio punto di vista.

Si finirebbe per avere una moltiplicazione di acquisti delle peggiori schifezze, mascherati con il fine "nobile" di aumentare l'offerta di titoli "sicuri". Baracconi insolventi da salvare, in stile Alitalia, tanto per fare un solo esempio neppure teorico, bensì (tristemente) pratico.

Il tutto, come sempre, a carico dei pagatori di tasse.

Come sosteneva Mises, ogni intervento ne rende necessari altri per cercare di far fronte alle conseguenze indesiderate degli interventi precedenti. Fino a quando si arriva al socialismo integrale.

Meglio evitare.
 


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