Scorie - Nuovo debito, per nulla smart




Tra i vari motivi per cui sono libertario, vi è la mia avversità a essere sottoposto alla volontà di altre persone, ancorché in maggioranza relativa, nell'ambito di comunità alle quali la mia partecipazione non sia volontaria. Allo stesso tempo, io stesso non vorrei imporre il mio punto di vista a nessun altro, se non nell'ambito di comunità volontarie e rispettando regole condivise.

Gli Stati cosiddetti democratici, secondo i loro sostenitori, sono basati su una sorta di contratto sociale che in realtà non esiste, dato che manca il presupposto dell'adesione volontaria da parte di una quantità più o meno elevata di individui.

L'ho presa un po' larga per arrivare a dire, in estrema sintesi, che non voglio far parte di una supposta maggioranza che nell'ambito di uno Stato decide di imporre o vietare determinate cose a tutti (fatto salvo il principio di non aggressione), men che meno trovarmi in minoranza. Circostanza, quest'ultima, che per un libertario è pressoché certa, a maggior ragione in Italia.

Da questo punto di vista, l'idea che a governare prossimamente potrebbe essere la forza politica emergente degli ultimi anni, il M5S, è per me deprimente. E ogni volta che sento parlare il candidato alla presidenza del Consiglio rafforzo la mia convinzione che peggiorare sia ancora possibile.

Ecco dunque Di Maio su alcuni punti di rilievo del loro programma elettorale.

"Bisogna rovesciare la prospettiva, la prima vittima della crisi è stata la spesa per investimenti produttivi che vanno indirizzati verso i settori che possono trasformare il Paese in una Smart Nation. Solo con stimoli forti all'economia si riduce il debito: il nostro obiettivo è tagliarlo di 40 punti in due legislature."

Vogliono fare "investimenti" in deficit, ma ritengono di ridurre il debito di 40 punti in 10 anni. Considerando che i miracoli non sono alla portata degli esseri umani, è molto più probabile che anche il debito avrebbe un incremento. Come peraltro è sempre successo in casi del genere.

"Serve una governance Ue efficace e sostenibile. Bisogna dare autonomia agli Stati membri nelle scelte fondamentali di politica economica, garantendo un coordinamento ispirato a una cooperazione sana e rispettosa delle esigenze dei vari popoli. Senza un principio di condivisione dei rischi, per intenderci, non si può costruire un destino comune. Purtroppo, basta vedere il dibattito sulle banche e i crediti deteriorati per capire che non si va in questa direzione."

Traducendo: ognuno spende in base alle "esigenze" del suo popolo, e il conto lo si paga assieme. Tutto molto socialista. Il problema è duplice. In un sistema del genere l'azzardo morale sarebbe, al tempo stesso, inevitabile e autodistruttivo. Inevitabile, perché ognuno avrebbe l'incentivo di breve termine a spendere facendo ricadere i costi su tutti. Autodistruttivo, perché arriverebbe il punto in cui non ci sarebbe più modo di continuare a spendere senza un'implosione del sistema, dato che se tutti spendessero l'unico modo per finanziare tutta quella spesa sarebbe la monetizzazione da parte della BCE.

Il ragionamento di Di Maio (peraltro molto diffuso in Italia) è basato sul presupposto implicito per cui chi finora ha avuto una disciplina fiscale migliore di quella dei governi italiani continuerebbe a comportarsi allo stesso modo, facendo da garante delle nostre "esigenze".

Tutto ciò è tanto illusorio quanto stupido.

"L'occupazione non si crea giocando con i contratti sulla pelle dei giovani. Ma con investimenti in settori ad alto moltiplicatore e tagliando le tasse, così da liberare le energie degli imprenditori."

Questo fa il paio con il progetto "Smart Nation". In ogni programma che vede negli investimenti pubblici in deficit la via della prosperità non può mancare, per definizione, la promessa di un moltiplicatore magico di quelle spese.
Considerando che nessun governo è composto da persone onniscienti (e mi permetto di supporre che ciò sarebbe vero a maggior ragione se al governo ci fossero Di Maio e colleghi), si dovrebbe spiegare come mai, se tali "investimenti" sono così promettenti, non sono posti in essere da imprese private.

L'evidenza empirica dimostra che non esiste alcun moltiplicatore magico, altrimenti il debito pubblico non sarebbe superiore al 130% del Pil.

Ognuno è libero di credere alle favole che preferisce; il problema è che le conseguenze ricadono anche su chi non ci crede.
 
 


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