Scorie - Paternalismo (il)libertario da Nobel




"Quando tutti gli economisti incorporeranno le variabili rilevanti nel loro lavoro, anche se i modelli della razionalità assumono che siano irrilevanti, l'economia comportamentale scomparirà. Allora l'economia nel suo complesso sarà comportamentale come deve essere."
(R. Thaler)

Pochi giorni fa è stato assegnato il premio Nobel per l'economia a Richard Thaler, noto studioso di economia comportamentale.

Thaler è fautore di un'azione governativa che dia "spinte gentili" agli individui, partendo da presupposto che essi siano razionali solo limitatamente e spesso del tutto irrazionali. Lo stesso Thaler lo ha definito, usando a mio parere un ossimoro, "paternalismo libertario".

Che la teoria neoclassica che ipotizza che ogni individuo reagisca allo stesso modo in condizioni identiche sia un colabrodo è condivisibile, ma che si pretenda di sapere comunque come dovrebbe agire ogni individuo per il suo stesso bene è tanto errato quanto pericoloso, a mio parere.

Errato, perché ogni individuo ha funzioni di utilità diverse e non quantificabili. Pericoloso, perché stabilire cosa sia razionale per ognuno presuppone di essere onniscienti, e questa è una caratteristica non riscontrabile in alcun essere umano, Thaler e colleghi inclusi.

Ritenere che la spinta gentile sia compatibile con il libertarismo perché non prevede che l'intervento governativo assuma la forma di veri e propri obblighi o divieti può per certi versi essere meno peggio dell'interventismo "ruvido", ma consiste in ogni caso in una manipolazione che parte dal presupposto errato che, appunto, qualcuno sia in grado di stabilire cosa è razionale fare per tutti quanti.

In pratica, l'assunto di fondo è che la maggior parte degli individui non sappia cosa fare (o non fare) per il proprio stesso bene, quindi lo Stato deve spingerlo (ancorché "gentilmente") ad agire nel modo "giusto".

In questo si finisce per ritenere sempre irrazionale il perseguimento di obiettivi che siano considerati tali dal legislatore (e dai suoi consiglieri). Al contrario, nel momento in cui una persona agisce compie la scelta che ritiene possa migliorare la sua soddisfazione (evidentemente soggettiva) o ridurre la sua insoddisfazione.

Ciò non significa che, ex post, non capiti a chiunque di pensare che, se potesse tornare indietro, agirebbe diversamente. Ma questo non autorizza nessuno a concludere che quell'azione fosse irrazionale semplicemente perché non in linea con il perseguimento di quello che lo Stato ritiene essere il bene del soggetto agente.

In definitiva, il rischio è che la psicologia, al pari della matematica, finisca per essere non un utile complemento ma un elemento di distorsione per l'economia.

Che questo sia premiato con il Nobel non mi stupisce affatto.


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