Scorie - Il patto per la crescita (del debito)




A seguito della (bislacca) proposta inserita da Matteo Renzi nella sua recente fatica letteraria di mandare al macero il Fiscal Compact e portare il deficit al 2.9% del Pil per 5 anni, stanno correndo a dargli man forte tutti i fautori della più deteriore forma di keynesismo esistente: quella, cioè, di chi Keynes con ogni probabilità non lo ha neppure letto.

Gianni Pittella, presidente del gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo, ha scritto un articolo pubblicato sul Sole 24Ore con il titolo – che è tutto un programma – "Dal Patto di stabilità a un Patto per la crescita".

Pittella inizia così:

"A Paolo Gentiloni e Matteo Renzi va riconosciuto il merito di aver insistito in questi anni e riaperto il dibattito sull'urgenza di un cambiamento delle regole di bilancio a livello europeo. Il Patto di stabilità è divenuto un feticcio, opaco e di quasi impossibile applicazione vista la sua complessità. Il fiscal compact inoltre appare viziato da un approccio rigorista, ideologico e dogmatico. Oltre alla critica, è necessario tuttavia cercare di fare un passo avanti."

Fin qui nulla di nuovo.

"Ciò che serve all'Europa è un Patto per la crescita che risolva le ambiguità ancora presenti. Perché superare il fiscal compact va bene ma non è sufficiente. Oggi serve di più. Bisogna passare dal Patto di stabilità al Patto per la crescita. E questo nuovo patto dovrà fondarsi necessariamente su una prima cessione di sovranità dal livello nazionale a quello europeo. Se la politica monetaria, sotto la guida della Bce di Draghi, ha funzionato, questo lo si deve al fatto che essa è centralizzata a livello europeo. Anche la politica di bilancio deve andare nel senso di una sempre maggiore centralizzazione."

Mai porsi dei limiti poco ambiziosi, si direbbe. E avanti con la centralizzazione; tutto molto socialista. Ma come dovrebbe essere questa maggiore centralizzazione della politica di bilancio?

"Per fare questo non serve nulla di sconvolgente, non bisogna nemmeno modificare i trattati. Si possono sfruttare meglio gli strumenti che abbiamo a disposizione. Si può e si deve innanzitutto istituire un ministro del Tesoro della zona euro che risulti dalla fusione degli incarichi di presidente dell'Eurogruppo e di commissario europeo. Il nuovo ministero del Tesoro avrà la possibilità di sostenere l' economia europea attraverso una "capacità di bilancio" alimentata attraverso l'emissione di titoli comuni di debito. Esso potrà poi intervenire in maniera più positiva sulle politiche di bilancio nazionali. Ogni anno la Commissione presenta quella che tecnicamente si chiama Analisi annuale della crescita, una sorta di Documento di economia e finanza a livello europeo, in cui suggerisce lo sforzo di bilancio che la zona euro deve compiere. In altre parole, indica se gli Stati membri, considerati nel loro insieme, devono aprire o chiudere i cordoni della borsa."

Quindi il ministro del Tesoro europeo dovrebbe emettere debito comune, i tanti agognati (dai socialisti di varia denominazione) Eurobond. Inutile dire che, data la concezione di "crescita" tipica dei Pittella di questo mondo, i cordoni della borsa non dovrebbero mai essere chiusi. Per meglio dire: a livello teorico la possibilità esiste, ma praticamente si tratterebbe di un caso con probabilità di verificarsi molto prossima a zero.

Poi viene il bello (se così lo si vuole definire):

"Sulla base della proposta della Commissione, Parlamento e Consiglio determinerebbero quindi le grandi linee della politica di bilancio. Spetterebbe poi agli Stati membri applicare a livello nazionale questi orientamenti. Qualora alcuni Stati membri, con le loro politiche economiche, non seguissero le indicazioni europee, gli altri Stati sarebbero legittimati a compensare con le loro politiche la mancanza di coraggio degli altri."

Il coraggio consisterebbe nello spendere più soldi in deficit. Un'attività nella quale Pittella e soci sono senz'altro a livello di Braveheart.

"La Commissione europea nell'applicazione del Patto di stabilità dovrebbe tenere conto del ruolo suppletivo svolto da questi Stati. Nell'ultimo esame di crescita annuale la Commissione ha raccomandato ai Paesi dell'eurozona uno sforzo fiscale globalmente positivo, indicando la direzione di una politica espansiva per l'Eurozona. Ma questa svolta non ha potuto compiersi perché gli Stati in surplus, che avevano cioè maggiori margini di manovra a livello di bilancio, non hanno voluto impegnarsi in questa direzione. E la prima responsabile di queste timidezze è la Germania. L'incapacità di Berlino ad attuare politiche espansive, sta quindi frenando il potenziale espansivo della zona euro. Nella nuova logica che sostengo, questa inettitudine dovrebbe legittimare e giustificare gli interventi espansivi di quei Paesi che come l'Italia vogliono invece assumersi la responsabilità di guidare una grande politica di rilancio dell'economia a livello europeo. Insomma se alcuni Stati vogliono fare meno di quanto dovrebbero fare, bisogna dare la possibilità ad altri Stati di fare di più."

Posto che non è affatto detto che se la Germania facesse più spesa pubblica finirebbero con averne benefici gli altri Paesi europei, è davvero demenziale definire "assunzione di responsabilità" l'aumento della spesa in deficit per compensare presunte timidezze altrui.

In sostanza, se uno tiene in ordine i suoi conti, gli altri possono spendere di più. Seguendo la stessa logica, quando venisse il momento (anche se capisco che per Pittella quel momento non dovrebbe venire mai) di ridurre il deficit, chi lo facesse di meno del dovuto finirebbe per imporre ad altri di farlo maggiormente.

"Non si tratta quindi di reinventare la ruota, ma piuttosto di costruire un percorso realistico e ambizioso che possa rendere i cittadini europei di nuovo partecipi delle decisioni di politica economica. Una reale svolta europea non può prescindere dalla battaglia per una governance più democratica."

Posto che dubito fortemente che pensatori come questi sarebbero in grado di inventare la ruota, una logica del genere è talmente "realistica" che non verrebbe accettata neanche in un nucleo familiare, figuriamoci a livello di Unione europea.

Ma l'importante è ammantare il tutto di "democrazia". Poi non ci si stupisca se a nord delle Alpi non ci vedono di buon occhio.


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