Scorie - Lo Stato investitore paziente, con i soldi di chi paga le tasse

"Di per sé, il libero mercato non è in grado di sviluppare nuove fonti di energia con la rapidità necessaria. I guadagni sono ancora troppo incerti. Come per le rivoluzioni tecnologiche precedenti, per realizzare progressi rapidi nelle energie pulite ci sarà bisogno dell'intervento di uno Stato innovatore e coraggioso, che modifichi gli incentivi del settore privato garantendo finanziamenti «pazienti» e a lunga scadenza. I governi devono prendere misure coraggiose, che non si limitino a creare condizioni uguali per tutti, ma facciano pendere la bilancia dal lato della sostenibilità ambientale. A quel punto - e solo a quel punto - seguiranno i finanziatori privati. Finora, però, a causa dell'austerità, i finanziamenti pubblici sono stati insufficienti. La speranza è che l'accordo di Parigi cambi le cose."
(M. Mazzuccato)

Mariana Mazzuccato, economista di origini italiane recentemente divenuta consigliere del leader laburista inglese Jeremy Corbyn, è nota per sostenere con forza il ruolo (a suo dire indispensabile) dello Stato nell'innovazione.

La tesi di fondo è piuttosto semplice: ci sono alcuni tipi di investimenti che ex ante richiedono tempi troppo lunghi e prospettano esiti troppo incerti perché dei soggetti privati li pongano in essere. Quindi lo Stato deve intervenire con investimenti pubblici, per essere poi affiancato successivamente dai privati.

A fornire le risorse per gli investimenti "pazienti", in ultima analisi, sono soggetti che non hanno alcun potere decisionale in materia, ossia i pagatori di tasse. La loro è una "pazienza" senza alternative, al pari della "solidarietà" loro imposta quando si tratta di provvedimenti di welfare state.

Alla base di questa impostazione vi è la convinzione che lasciare che siano le interazioni volontarie a guidare lo sviluppo non porti a risultati desiderabili, quanto meno non nei tempi desiderabili. E' evidente che la "desiderabilità" è considerata oggettiva da parte di chi invoca l'intervento pubblico, ancorché si tratti chiaramente di considerazioni soggettive.

La presunzione di molto esperti (o pseudo tali) è che le persone siano sostanzialmente incapaci di sapere ciò che è bene fare o non siano sufficientemente lungimiranti. Al contrario, ovviamente, degli (pseudo) esperti medesimi. Di qui la necessità, a loro dire, di un intervento da parte dello Stato.

Ancorché gli interventisti tengano a precisare che vi è differenza tra chi ritiene che lo Stato debba avere un ruolo solo nella fase propulsiva, chi pensa che debba "spingere" mediante incentivi verso l'obiettivo "giusto", e chi, infine, auspica una pianificazione tout court, l'impostazione di fondo è sostanzialmente la medesima. La differenza consiste per lo più nel grado di presunzione degli interventisti e nella loro più o meno scarsa considerazione nei confronti delle altre persone (quelle ritenute inesperte e/o incapaci).

Nulla di nuovo, nonostante sia la logica – nessuno è onnisciente – sia la storia depongano a sfavore dell'interventismo. E tutto ciò senza considerare la violazione del principio di non aggressione, che, a mio avviso, è il principale argomento per cui opporsi all'intervento dello Stato. Ma, ahimè, non tutti sono libertari.


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