Scorie - Statalismo leghista

"Noi vorremmo che il Tesoro facesse una campagna chiedendo agli italiani di comprare i propri titoli di Stato. L'Italia ha liquidità e depositi per oltre 4mila miliardi. Se il nostro debito pubblico diventa sempre più domestico, lo Stato ha maggiore possibilità di muoversi in caso di problemi con i mercati."
(A. Siri)

Non è una novità che la Lega sia una forza politica statalista, a dispetto di quanto, almeno a parole, sostenevano i suoi vertici agli albori del movimento.

Le proposte economiche della Lega sono generalmente imbarazzanti per un partito che si definisca alternativo alla sinistra, ma credo che neanche il più pessimista si sarebbe aspettato che dalla Lega venissero proposte per incentivare l'acquisto dei titoli emessi dal ministero del Tesoro, la quintessenza di Roma (ladrona o meno che la si voglia definire).

Armando Siri, a quanto pare nuovo "guru" economico di Matteo Salvini, sostiene che gli italiani andrebbero incentivati all'acquisto di titoli di Stato mediante riduzioni fiscali e maggiorazioni di rendimento, in modo tale da "nazionalizzare" il debito pubblico e consentire allo Stato "maggiore possibilità di muoversi in caso di problemi con i mercati".

L'idea non è neppure particolarmente originale, ed è un cavallo di battaglia di Richard Koo, che va proponendola da quando è scoppiata la crisi dei debiti sovrani nell'area euro (si veda il suo "The Escape from Balance Sheet Recession and the QE Trap: A Hazarduos Road for the Wolrd Economy").

Il problema, a livello macro, è che per avere solo debito interno è necessario che il Paese nel suo complesso non sia debitore netto nei confronti dell'estero. In caso contrario, se tutto il debito pubblico è detenuto internamente, a essere indebitato con l'estero è il settore privato, e non è detto che ciò non generi alcun problema se lo Stato si comporta da spendaccione.

Anche in quel caso, tra l'altro, l'idea che l'investitore domestico sia più paziente di quello estero è basata sul presupposto che lo Stato, oltre che essere suo debitore, ha potere impositivo nei confronti dell'investitore domestico, mentre nulla può nei confronti di quello estero, salvo ripudiare il debito stesso (cosa che precluderebbe la possibilità, quanto meno per un certo periodo di tempo, di reperire nuove risorse all'estero).

Ciò è indubbiamente vero, ma la logica del ragionamento è che l'investitore domestico possa essere spremuto a piacere, o mediante la leva fiscale, oppure mediante repressione finanziaria. Questa è la quintessenza del peggiore statalismo. Alla faccia del vecchio "Basta tasse, basta Roma".


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