Scorie - Gli schiavi della politica con la P maiuscola

"Dobbiamo ricorrere a dosi massicce di politica per restituire l'Europa agli europei. Dobbiamo prendere coscienza che l'Europa esiste se torniamo a concepirla come una piattaforma unica di valori e cultura. Anche gli Stati Uniti, in fondo, funzionano così. Nessuno si immagina di far diventare l'Arkansas una Silicon Valley. L'Arkansas viene sovvenzionato, perché è parte di un sentire comune. L'Europa così com'è ha fallito. O ne prenderemo rapidamente atto, e saremo capaci di cambiare, oppure saremo travolti dall'onda. Va recuperato l'orgoglio di essere la comunità che ha dato al mondo, proprio partendo dalla cultura ellenistica, il meglio del pensiero e dei diritti dell'uomo. Solo su questa base potremo ancora stare insieme e costruire un futuro comune."
(C. De Benedetti)

Carlo De Benedetti si lascia andare a un esercizio di retorica in nome di un ideale europeista al quale ormai siamo abituati. Di fronte alle crisi di rigetto verso (questa) Unione europea (con o senza moneta unica), si usano parole alate demonizzando ogni forma di dissenso e invocando la politica con la P maiuscola e altre formule del genere.

Il problema è che dietro alla cosiddetta politica con la P maiuscola ci sono milioni di individui che ne subiscono le conseguenze. Se un progetto voluto da un gruppo di persone relativamente ristretto non piace a un numero crescente di altre persone (per motivi spesso molto diversi e anche contrastanti tra loro), non credo che la soluzione consista nel considerare, nella migliore delle ipotesi, tutti i dissenzienti incapaci e ottusi.

La retorica della "piattaforma unica di valori e cultura" si scontra tutti i giorni con un fatto che gli europeisti fautori del super Stato europeo o degli Stati Uniti d'Europa non vogliono riconoscere: valori e cultura non sono affatto unici tra i popoli europei. Per lo meno non lo sono tanto quanto ritengono certi europeisti.

Pensare che sia necessario tenere tutto e tutti assieme creando una unione che finirebbe per avere solidarietà a senso unico, con i pagatori di tasse di uno o più Paesi che strutturalmente e perennemente sovvenzionano non solo una parte di concittadini, ma anche cittadini di altri Paesi, significherebbe espandere il parassitismo da una dimensione nazionale a una sovranazionale.

Semmai il parassitismo andrebbe ridotto (e magari eliminato), non istituzionalizzato su scala sovranazionale. Non è necessario aumentare le costrizioni burocratiche per far vivere meglio gli europei. Sarebbe sufficiente non ostacolare la libertà di circolazione di persone, beni e servizi, nel rispetto dei diritti di proprietà individuali e della volontarietà delle interazioni.

E invece continuiamo a sentire un giorno sì e l'altro pure queste invocazioni dell'uso massiccio di politica con la P maiuscola. A volte persino si arriva a condannare la mancanza di solidarietà che avrebbe come conseguenza la riduzione in schiavitù di un popolo (quello greco, nel caso di specie).

Ma la riduzione in schiavitù non riguarda tutti i greci, così come non riguarda tutti gli italiani o i tedeschi. Coloro che sono ridotti in schiavitù, giorno dopo giorno, sono sempre e solo i pagatori netti di tasse, a cui gli Stati impongono di mantenere i consumatori netti di tasse.

Questo ovviamente non lo dicono coloro che invocano la politica con la P maiuscola, anche perché spesso sono consumatori netti di tasse. E magari, per evitare di trovarsi nell'altra indesiderabile condizione, parlano di solidarietà europea mantenendo la residenza fiscale in un Paese che si guarda bene dall'entrare nell'Unione europea.


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