Scorie - The (bad) conscience of a liberal (33)

"La mia idea è che in Europa esistevano forti sentimenti anti-keynesiani anche prima della crisi greca e che la macroeconomia così come la intendono gli economisti anglosassoni non ha mai avuto davvero cittadinanza nei corridoi del potere europei. Qualunque sia la spiegazione, sta di fatto che ci troviamo di fronte… a una delle più grandi catastrofi della storia economica."
(P. Krugman)

Che questa volta Krugman l'abbia sparata un po' troppo grossa anche per i suoi standard lo si dovrebbe dedurre da queste parole che Carlo De Benedetti (che di certo non può essere sospettato di essere anti-krugmaniano) ha scritto in un articolo pubblicato sullo stesso giornale il giorno seguente a quello di Krugman, nel quale peraltro invocava a gran voce l'utilizzo del bazooka da parte della BCE: "Oggi sento dire che l'Europa ha una cultura anti-keynesiana, mi sembra francamente una sciocchezza".

Effettivamente "sciocchezza" a me sembra un eufemismo, considerando che in Europa non si fa altro che sentire invocare "investimenti pubblici" da centinaia di miliardi, politiche monetarie mai sufficientemente espansive da parte della BCE, incentivi fiscali a questo o quel settore per "sostenere la domanda". E l'elenco ovviamente potrebbe proseguire.

Cosa ci sia di anti-keynesiano in tutto ciò, francamente mi sfugge. Solitamente viene trattato come un sadico fautore dell'austerità chi mette in discussione l'idea che sia doveroso per lo Stato spendere più di quello che incassa; il tutto in un continente dove, mediamente, lo Stato incassa tra il 40 e il 50 per cento del reddito prodotto, con aliquote ben maggiori se si escludono coloro per i quali, vivendo di soldi pubblici, la tassazione è una mera finzione contabile.

Ma questo signore, prima di scrivere, si documenta un minimo sull'argomento che intende trattare? A me pare lecito dubitarne.


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