Scorie - La non soluzione

"La separazione tra banche d'affari e banche commerciali è l'unico
provvedimento che può garantire risparmiatori e correntisti, siano essi
famiglie o imprese, contro l'utilizzo speculativo delle risorse da parte
delle banche al solo fine dell'arricchimento dei propri azionisti, con il
rischio di vedere distratti i risparmi privati."
(M. Corsaro)

Massimo Corsaro, deputato di Fratelli d'Italia, ha presentato assieme ad
alcuni colleghi di Forza Italia una proposta di legge per separare le
attività di banca commerciale e banca d'investimento. Una sorta di ritorno
alla legge bancaria del 1936, o al più famoso Glass-Steagall Act
statunitense. Va detto che la proposta di Corsaro e colleghi non è una
novità nel panorama internazionale, ma a mio parere non potrebbe essere
risolutiva dei problemi strutturali dei sistemi bancari a riserva
frazionaria.

L'argomento più utilizzato per invocare la separazione tra l'attività di
banca commerciale e quella di investimento è quello messo in evidenza da
Corsaro: evitare che le banche facciano del denaro di risparmiatori e
correntisti un "utilizzo speculativo" "al solo fine dell'arricchimento dei
propri azionisti". Ovviamente deprecare la speculazione e l'arricchimento
degli azionisti consente di creare un forte sostegno popolare alla
proposta, ma non centra il problema e, soprattutto, non rappresenta una
reale soluzione.

Se una banca utilizza le risorse raccolte dalla clientela per erogare
prestiti ad altri clienti non è detto che corra meno rischi rispetto
all'utilizzo di quelle stesse risorse per negoziazione in contro proprio di
strumenti finanziari. Dipende dal merito di credito dei clienti affidati,
dalle eventuali garanzie ottenute, nonché dalle caratteristiche e
rischiosità degli strumenti finanziari in questione. Generalizzare è quindi
errato, a mio avviso.

Mi sembra anche appena il caso di sottolineare che tutte le banche possono
mettere a rischio le risorse dei clienti, altrimenti non si spiegherebbe
come mai siano in dissesto e attualmente commissariate diverse banche di
credito cooperativo, considerate banche del territorio per antonomasia e
ben lontane dal modello di banca d'investimento che fa un "utilizzo
speculativo" della raccolta "al solo fine dell'arricchimento dei propri
azionisti".

I problemi sono altri: principalmente si tratta di una carenza di mezzi
propri e di una durata media delle passività ben inferiore a quella delle
attività. Oltre al problema dei problemi: il sistema della riserva
frazionaria, che consiste nell'utilizzo di depositi a vista per fare
credito, a fronte dei quali le banche sono tenute a mantenere solo una
piccola parte di risorse liquide.

Premesso che tutti i problemi sopra elencati sono una conseguenza diretta
della normativa che regola le banche (le quali, contrariamente a quanto
affermato da persone incompetenti o in malafede, operano in un settore
iper-regolamentato), un aumento dei mezzi propri e un miglior allineamento
tra la durata media del passivo e quella dell'attivo aiuterebbe a
ridimensionare la forte esposizione delle banche al rischio di liquidità,
che è la causa principale delle crisi bancarie. Ma la minor durata media
delle passività rispetto alle attività è esacerbata dal fatto che anche i
depositi a vista sono utilizzati per fare credito.

Ancorché ciò sia legale, si tratta di una attività illegittima, dato che il
deposito a vista non consiste in una transazione creditizia caratterizzata
dallo scambio di un bene attuale contro un bene futuro. Chi deposita del
denaro a vista non rinuncia alla disponibilità di quelle somme; ne consegue
che mettere quelle stesse somme (per meglio dire: quelle somme al netto
della percentuale di riserva obbligatoria) a disposizione di altri soggetti
a cui la banca eroga credito comporta che in uno stesso momento più
soggetti (almeno due) hanno diritto a utilizzare la stessa somma di denaro.
In altri termini, si ha una creazione di denaro dal nulla.

Posto che, come ho già accennato, conferire lo stesso diritto a soggetti
diversi sulla stessa somma di denaro è illegittimo ancorché legale, è
evidente che un sistema del genere è intrinsecamente instabile, dato che
funziona solo finché i legittimi proprietari del denaro, ossia i
depositanti, non effettuano prelievi tali da lasciare la banca senza
liquidità sufficiente.

Il problema è che basta il sospetto che la banca possa incorrere in una
crisi di liquidità per accelerare la crisi stessa. Si noti, tra l'altro,
che, a differenza di altri settori, in quello bancario una crisi del genere
non sempre avvantaggia i concorrenti, bensì rischia seriamente di
coinvolgerli, espandendosi all'intero sistema. Perché, in fin dei conti,
tutti seguono le stesse regole e tutti hanno, seppur in misura non
omogenea, le stesse fragilità.

Ne consegue che se non si mette in discussione il sistema della riserva
frazionaria, la separazione tra banche commerciali e banche di investimento
non rappresenta una reale soluzione. E non si dica che è sufficiente un
fondo di tutela dei depositi, perché nessun fondo del genere avrebbe denaro
a sufficienza per fronteggiare una crisi non solo sistemica, ma anche
limitata a una banca di medio-grandi dimensioni.

La realtà è che i fondi di tutela dei depositi sono specchietti per le
allodole la cui unica funzione è rassicurare i depositanti e far loro
credere che il loro denaro sia al sicuro. In un sistema a riserva
frazionaria non lo è. Non può esserlo. E' molto più probabile che i
depositi siano salvati dalla generalità dei contribuenti che dai fondi di
tutela.

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