Scorie - Meglio non dare più discrezionalità alle banche centrali

"La discrezionalità delle banche centrali va ribadita, valorizzata,
sancita. Può evitarsi che essa scada nell'arbitrio. E' sindacabile ex post,
dal Parlamento in primo luogo."
(P. Ciocca)

Pierluigi Ciocca, attualmente docente universitario dopo una lunga carriera
in Banca d'Italia dove è stato anche vice direttore generale, auspica una
revisione abbastanza profonda nelle regole che disciplinano l'attività
delle banche centrali, soprattutto nell'Area Euro. A mio parere si tratta
di proposte che finirebbero per complicare i problemi che nelle intenzioni
del proponente dovrebbero risolvere.

Già l'incipit, in cui sostiene che debba essere "ribadita, valorizzata,
sancita" la discrezionalità delle banche centrali, mi sembra preoccupante.
Capisco che chi ha lavorato a lungo proprio in una banca centrale abbia la
mentalità tipica di chi ritiene di poter guidare l'economia come se fosse
un autobus, e che per farlo l'ideale sia avere la maggior discrezionalità
possibile. Il problema è che non esistono uomini onniscienti (e la
performance ormai ultrasecolare delle banche centrali dovrebbe averne dato
ampiamente prova), per cui evitare che la discrezionalità "scada
nell'arbitrio" a me pare francamente illusorio. A maggior ragione se il
controllo avvenisse solo ex post e da parte del Parlamento, dal quale
notoriamente verrebbero sollecitazioni a una politica monetaria tutt'altro
che rigorosa (per usare un eufemismo).

Ciò detto, ecco le tre ipotesi di riscrittura del mandato delle banche
centrali prospettate da Ciocca.

1) In politica monetaria, la legge sulla Fed offre l'indicazione di una
pluralità di obiettivi tra cui la banca centrale è chiamata a scegliere o
mediare nei casi di contrasto… Questa formulazione potrebbe utilmente
estendersi alle altre banche centrali.

La Fed, come è noto, deve perseguire la stabilità dei prezzi, favorire
l'occupazione e la moderazione dei tassi a lungo termine. Si tratta di
un'impostazione tipicamente keynesiana, che ritiene che l'occupazione
aumenti con un po' di inflazione e ritiene che bassi tassi di interesse
siano una condizione ideale per la crescita economica. Personalmente credo
che la manipolazione dei tassi di interesse e della moneta siano già
eccessivi laddove l'obiettivo (dichiarato) sia solo quello di allineare
l'aumento dei prezzi al consumo (più precisamente: di un indice di prezzi
al consumo) entro un determinato livello. Attribuire altri obiettivi non fa
che aumentare le manipolazioni, a tutto detrimento del funzionamento del
mercato, con l'esasperazione dei cicli economici. La storia anche recente
della Fed dovrebbe aver insegnato qualcosa.

2) In circostanze eccezionali – tipo Lehman Brothers – la banca centrale
deve poter rifinanziare qualsivoglia operatore, anche insolvente. Deve
farlo, se sulla base della sua esperienza di supervisione ritiene che sia a
repentaglio la stabilità dell'intero sistema finanziario.

Già oggi, anche dopo Lehman, il fenomeno del "too big to fail" è vivo e
vegeto. Anzi, parrebbe essere uscito rafforzato da quell'episodio. Questo
significa che l'azzardo morale è aumentato. Fornire una formale conferma
che la banca centrale terrebbe a galla ogni banca in dissesto se fosse "a
repentaglio la stabilità dell'intero sistema finanziario" non farebbe altro
che favorire ulteriori assunzioni di rischio e un nuovo aumento della leva
da parte delle banche, a maggior ragione se "sistemiche". Considerando poi
che il sistema bancario internazionale è un intricatissimo intreccio, il
fallimento di una banca rischia quasi sempre di avere conseguenze
sistemiche. Se si toglie anche la mera possibilità di fallire, contenere
l'azzardo morale diventa impossibile. Non ci sono regole sui coefficienti
patrimoniali che tengano.

3) Nel finanziamento monetario dello Stato. Proibito al Sistema europeo
delle banche centrali e ad altre banche centrali, dovrebbe invece rientrare
tra le loro facoltà. Andrebbero rispettate due precise condizioni: che il
bilancio pubblico sia in equilibrio strutturale e che, nonostante ciò, lo
Stato non riesca a collocare titoli nel mercato nemmeno a tassi di
interesse molto elevati.

Ciocca pare dimenticare, ma non credo possa essere questo il caso, che
della monetizzazione del debito le banche centrali hanno spesso abusato,
non solo quando erano formalmente dipendenti dal governo. Mi si dirà che
adesso le banche centrali sono indipendenti; peccato che i vertici siano di
nomina politica e che i nominati si troverebbero a dover decidere se
monetizzare o meno i debiti emessi da chi effettua le nomine.

Ciocca introdurrebbe però condizioni ben precise per procedere alla
monetizzazione: 1) che il bilancio pubblico sia in equilibrio strutturale e
2) che lo Stato non riesca a collocare titoli nemmeno a tassi di interesse
molto elevati. Si tratta di due condizioni talmente arbitrarie che
renderebbero di fatto monetizzabile qualsiasi debito. Quello di equilibrio
strutturale è un concetto che fa riferimento al saldo di bilancio corretto
per il ciclo, ossia tenendo conto del concetto (tanto caro ai keynesiani)
di output gap, vale a dire della differenza tra la crescita effettiva del
Pil e quella potenziale. Ecco: la stima della crescita potenziale contiene
necessariamente elementi di arbitrarietà. Ma questo è solo il primo dei
problemi.

L'altro consiste nel definire quando i tassi di interesse siano "molto
elevati". Anche in questo caso si tratta di una definizione necessariamente
arbitraria. Tra l'altro l'ipotesi di monetizzazione rimuoverebbe di fatto
ogni possibile incentivo a un governo per contenere il deficit. Anche in
questo caso l'azzardo morale sarebbe incentivato, rendendo di fatto
impossibile il default (nominale) di uno Stato.

Tutto ciò detto, mi rendo conto che la via illusoria della monetizzazione
dei debiti sia attraente, in quanto apparentemente indolore (certamente
tale è per i debitori). Le controindicazioni mi sembrano, però, evidenti,
soprattutto se si vuole guardare oltre i debitori e oltre il breve periodo.
Due concetti poco cari ai keynesiani.

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