Scorie - Femminismo socialista

"Ho imparato tanti anni fa che donne e uomini sono uguali: è una vergogna
che abbiano stipendi diversi. Se diventerò presidente della Commissione
porremo fine a questa situazione vergognosa. Non è la vostra battaglia, non
è la nostra battaglia, questa è la mia battaglia. Le donne sono le prime
vittime della crisi. Vogliamo un'Europa in cui il denaro dei contribuenti
venga investito nel futuro delle giovani donne."
(M. Schulz)

Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo e candidato del Partito
Socialista Europeo alla presidenza della Commissione UE, divenne un eroe
dei sinistrorsi italiani quando battibeccò con Silvio Berlusconi. Nei
giorni scorsi è stato a Roma per una riunione del PSE nella quale, tra
l'altro, è stato sancito l'ingresso del PD nel PSE. Per inciso, questo è, a
tutti gli effetti, il primo traguardo raggiunto da Renzi come segretario
del PD. Gianni Agnelli sosteneva che solo un governo di sinistra poteva
fare cose di destra in Italia e, parafrasando l'Avvocato, si potrebbe dire
che solo un giovane cresciuto tra i boy scout cattolici poteva portare gli
ex comunisti nel PSE.

Schulz è il classico politico professionista senza particolari competenze,
se si esclude la capacità di parlare per frasi fatte, politicamente
ultracorrette e spesso in buona sostanza prive di contenuto concreto o,
peggio, dal contenuto dannoso. E allora eccolo, parlando a una platea di
donne, lisciare il pelo alle proprie ascoltatrici, promettere di eliminare
ogni disparità di stipendio tra uomini e donne, oltre a "un'Europa in cui
il denaro dei contribuenti venga investito nel futuro delle giovani donne".

Il malinteso egualitarismo socialista porta l'idea di trattare le persone
allo stesso modo fino al livellamento artificiale delle loro capacità. Il
problema è che stipendi uguali non significa identico trattamento delle
persone, bensì l'esatto contrario, dato che gli individui, in quanto tali,
non hanno le stesse capacità, se non eccezionalmente. In altri termini,
ogni persona è diversa dalle altre e ben difficilmente due individui
avranno le stesse identiche competenze e produttività.

Il livellamento degli stipendi è quindi la manifestazione di un trattamento
disomogeneo delle persone, uomini o donne che siano. Io credo che non
dovrebbe essere lo Stato a stabilire il livello retributivo delle persone,
né in senso assoluto, né in termini relativi, bensì un libero mercato in
cui chi offre determinate competenze e chi le richiede siano liberi di
contrattare le condizioni economiche (e non solo) del rapporto di lavoro.

Una donna con maggiori competenze potrebbe avere uno stipendio superiore a
quello di un uomo che fa un lavoro simile, e se così non fosse sarebbe
l'impresa a subirne le conseguenza in termini di minori profitti. Non credo
che lo Stato abbia migliori capacità di valutare le competenze
professionali delle persone, né un burocrate ha interesse a farlo, non
essendo in ballo il suo denaro e l'andamento della sua azienda, bensì "il
denaro dei contribuenti".

Ecco, in ultima analisi, la soluzione socialista a ogni problema: prendere
soldi a Tizio per blandire Caio (e mi si passi l'uso di Tizio e Caio invece
che quello di due signore).

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