Scorie - I bei tempi andati

"Forse, se avessimo avuto ancora la vecchia Banca d'Italia, le cose
sarebbero andate meglio: più che un divorzio, con ognuno che si fa una
nuova vita, siamo ormai come i separati in casa. Una sterile convivenza,
ricordando i bei tempi andati."
(G. Salerno Aletta)

Guido Salerno Aletta si unisce al coro dei nostalgici dei "bei tempi
andati" in cui non solo in Italia c'era la lira, ma la Banca d'Italia
assicurava la monetizzazione del debito pubblico, se necessario. In
sostanza, il mondo così come era prima del cosiddetto divorzio, che avvenne
nel 1981.

I nostalgici guardano a quello che succede negli Stati Uniti, nel Regno
Unito e in Giappone, dove le banche centrali negli ultimi anni hanno
monetizzato quote di debito pubblico comprese tra il 25 e il 50 per cento
delle nuove emissioni, calmierando così gli interessi sui titoli di Stato,
che per la parte acquistata nell'ambito dei programmi di cosiddetto
allentamento quantitativo sono in per lo più una partita di giro, in quanto
pagati dal Tesoro, incassati dalla banca centrale e da questa retrocessa al
Tesoro come distribuzione di utili annui.

Che bello sarebbe – pensano i nostalgici – se anche in Italia la banca
centrale facesse il compratore di titoli di Stato di ultima istanza (che
poi tanto ultima, di fatto, non sarebbe): il debito pubblico diventerebbe
un non problema e in pochi anni il suo rapporto con il Pil diminuirebbe.

Se, dunque, il paese delle meraviglie è a portata di mano, perché qualcuno
si ostina a ritenere che quella proposta dai nostalgici non sarebbe la
soluzione? Per più di un motivo.

Non sto in questa sede a discutere (l'ho fatto altre volte) l'assurdità di
considerare ogni euro di spesa pubblica equivalente a un euro di Pil, un
concetto che nei mezzi di informazione e, quel che è peggio, nelle
università, viene presentato come una verità sulla quale non vale la pena
neppure di fornire una spiegazione. Va da sé, comunque, che se la somma tra
il costo del debito pubblico e il saldo primario (ossia quello al netto
degli interessi sul debito) in rapporto al Pil è inferiore al tasso di
crescita nominale del Pil, il rapporto tra debito e Pil tende a diminuire
(e viceversa).

Secondo i nostalgici, invece di cercare di ridurre il rapporto tra debito e
Pil aumentando l'avanzo primario sarebbe molto più comodo cercare di
gonfiare il denominatore. Ovviamente una banca centrale che tenesse
calmierato il costo del debito aiuterebbe, dato che potrebbe abbassare la
spesa per interessi e, con un po' (giusto un po'…) di inflazione
riuscirebbe al tempo stesso a gonfiare il Pil nominale e ad abbassare il
debito in termini reali.

Sembrerebbe un magnifico circolo virtuoso, ma allora perché prima del
"divorzio" l'Italia non navigava nell'oro e la lira non era considerata
alla stregua, per esempio, del marco tedesco? Perché il governo era
"costretto" a limitare l'accesso alle divise estere da parte degli
italiani? Evidentemente perché di lire ne venivano stampate un po' troppe
(giusto un po'…), e il loro potere d'acquisto era perennemente in discesa.

I nostalgici assicurano, però, che adesso le cose andrebbero diversamente;
d'altra parte basta guardare cosa succede negli Stati Uniti, nel Regno
Unito e in Giappone. Ma è appunto considerando quei tre casi che si può
dedurre che in Italia le cose non andrebbero come prevedono i nostalgici.

Innanzitutto, l'Italia non ha il potere economico e geopolitico degli Stati
Uniti, e la lira non sarebbe la principale valuta di riserva a livello
mondiale. In altri termini, non sarebbe possibile per l'Italia finanziare
corposi disavanzi commerciali dando lire in cambio di beni acquistati
dall'estero (in sostanza, un eccesso di importazioni rispetto alle
esportazioni). Cosa che agli Stati Uniti è sempre riuscita.

Questo spiega anche perché il Giappone non sia ancora imploso nonostante
abbia accumulato un gran debito pubblico, soprattutto negli ultimi
vent'anni. Finora non ha avuto la necessità di indebitarsi con l'estero, ma
non è detto che la cosa prosegua, visto che la popolazione sta invecchiando
e la concorrenza (coreana e cinese su tutte) sta erodendo la competitività
delle sue industrie.

Quanto al Regno Unito, negli ultimi anni la dinamica dei prezzi al consumo
(quella che impropriamente viene considerata inflazione) è stata superiore
rispetto, per esempio, alla zona euro e si è (ri)formata una bolla
immobiliare (o qualcosa di molto simile). In ogni caso per ora nessuno
sembra preoccuparsene. Occorre comunque considerare che l'ausilio della
politica monetaria espansiva non è stato utilizzato per lasciare correre la
spesa pubblica che, al contrario, è in fase di riduzione.

I nostalgici probabilmente vorrebbero farci credere che anche in Italia,
oggi, se ci fosse la lira e la Banca d'Italia ne stampasse per soddisfare
le necessità del Tesoro, ciò non porterebbe a un aumento incontrollato
della spesa pubblica. La cosa pare piuttosto irrealistica, dato che il
ritorno alla lira viene auspicato per abbandonare quella che viene definita
austerità e che finora i saldi primari positivi sono stati raggiunti a suon
di aumenti di entrate invece che di tagli di spesa.

Tutto ciò detto, riconquistare la "sovranità monetaria" e avere una banca
centrale che fa una politica monetaria al servizio di quella fiscale non
farebbe altro che redistribuire la ricchezza esistente con strumenti
diversi dalla tassazione esplicita. Perché l'aumento della quantità di
denaro non equivale a un aumento della ricchezza reale prodotta. Il potere
d'acquisto di qualcuno aumenterebbe a scapito di quello di altri. Sarebbero
questi i bei tempi andati?

 

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